Contraportada:
Gian Pietro Testa, ferrarese, è giornalista, inviato speciale di grandi quotidiani ("Il Giorno", "L'Unità") ed editorialista di "Paese Sera". Ha diretto un'emittente televisiva (NTV) e un quotidiano a Napoli. Tra i fondatori di "Avvenimenti", attualmente insegna giornalismo al CARID dell'Università di Ferrara. Ha pubblicato numerose opere di poesia; tra queste "Antologia di una strage", "I canti di Focomorto", "L'ultima notte di Savonarola", "Il muschio del Nord", "La notte che la luna era morta"; un romanzo "Il linciaggio", saggi politici e storici ("L'Italia delle stragi", "L'Italia dei misteri"). Una sua inchiesta giornalistica edita da Einaudi ("La strage di Peteano") ha anticipato la verità su uno degli episodi più inquietanti della storia della provocazione e del terrore in Italia.
Nota de la solapa:
Ha un senso riscrivere e rileggere, oggi, la storia di don Rodrigo strappando il personaggio dalle pagine manzoniane per farne il protagonista di un giallo politico contemporaneo? L’operazione, senza dubbio ardita, è condotta a termine da Gian Pietro Testa con la maestria dello studioso, il quale, evitando il rischio della parodia e della contraffazione, dimostra, con questo romanzo, che quella di attualizzare i classici è un’impresa legittima quando venga sostenuta da precise idee portanti. Idea centrale nel romanzo è il destino di cambiare un destino, assegnato a don Rodrigo dal vaticinio di una zingara che gli predice la fama: uno scrittore renderà famosi il tuo nome e le tue gesta, ma dovrai decidere tu quali saranno le imprese degne dell’arte, sentenzia la zingara. Perché, sembra dire lo scrittore, l’arte non rende immortali gratuitamente e spetta all’individuo l’assunzione di una responsabilità. Ecco, allora, all’interno di uno spazio e di un tempo manzoniani, la prima presa di distanza da Manzoni.
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