Contraportada:
Nonostante gli interessi filosofici abbiano occupato, nella vita intellettuale di Alessandro Manzoni, un posto di rilievo costante, raramente la critica ha riconosciuto al suo pensiero il taglio e l’originalità di una riflessione autonoma. La storia e l’invenzione, raccogliendo tutti i principali lavori di ispirazione filosofica del grande scrittore italiano, intende mostrare, invece, il nucleo organico del pensiero manzoniano, che è sotteso allo sviluppo dell’intera opera sua e costituisce, anzi, la questione portante che orienterà tutte le successive stesure del suo capolavoro. Perché ciò che dal Fermo e Lucia ai Promessi Sposi, passando per la creazione delle tragedie come il Carmagnola e l’Adelchi, caratterizza il laboratorio del pensiero manzoniano è un unico tema di fondo, ogni volta riproposto e scandagliato, quello del farsi storia dell’idea. Del resto, la storia del romanzo moderno può essere intesa come un’autentica storia dialettica delle idee, dove le idee stesse non vanno intese come cristallizzazioni di pensiero, precise, complete e sistematiche, logicamente determinate, ma come cose vive, inestricabilmente connesse alla nostra volontà, alle nostre passioni e ai nostri desideri, suscettibili per natura di crescita e di sviluppo, dimostranti d’esser vive con la loro stessa tendenza al mutamento, e soggette proprio per tale tendenza a deteriorarsi, corrompersi e trasformarsi. Per Manzoni ad un estremo della catena della realtà sta l’àncora dello spirito vivente, che scende nella storia e si secolarizza, che si fa “divenire ideale”, all’altro estremo si trova, invece, il poeta e il suo “inventare”, che restituisce lo spirito ai documenti morti e disertati dalla memoria, ai frammenti dimenticati del tempo, come quella cronaca secentesca dell’“anonimo lombardo”, su cui si innesta, vivida e prodigiosa, la creazione del romanzo.
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